La nostra lettera inviata alle istituzioni nazionali e alla Comunità Europea che denununciava la critica situazione sull’Altopiano di Asiago, ha portato nuovamente all’attenzione dei nostri politici il problema del lupo nel territorio montano e pedemontano del Veneto. Ecco di seguito l’interrogazione del Sen. De Poli (FI) presentata al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali
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DE POLI – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali – Premesso che a quanto risulta all’interrogante:
l’associazione “Salvaguardia rurale veneta” con sede a San Mauro di Saline (Verona), che rappresenta gli allevatori e i malghesi dell’altopiano dei sette comuni (Vicenza) e dei comuni della pedemontana vicentina (Caltrano, Calvene, Lugo di Vicenza), manifesta seria preoccupazione in merito allo stato di presenza e di crescita della popolazione del lupo (Canis lupus) nel territorio;
la presenza del predatore nell’altopiano ha già provocato gravi conseguenze sulla fauna selvatica locale, importante risorsa biologica, turistica e paesaggistica e sugli allevamenti zootecnici distribuiti equamente tra alpeggi e pascoli limitrofi alle aziende; inoltre, si sottolinea la pericolosità del passaggio dei branchi di lupo vicino ai centri abitati;
ai sensi del decreto legislativo n. 146 del 2001, l’allevatore è pienamente responsabile del benessere dei propri animali, e in particolare: “Agli animali custoditi al di fuori dei fabbricati deve essere fornito, in funzione delle necessità e delle possibilità, un riparo adeguato dalle intemperie, dai predatori e da rischi per la salute”: le predazioni o i tentativi di predazione da parte dei lupi hanno un notevole impatto negativo sul benessere degli animali allevati, che spesso manifestano stato di forte stress e paura, panico, anoressia, adipsia, prolungato calo della produzione di latte, variazione della qualità del latte aborti o riassorbimenti embrionali, mancato accrescimento;
l’altopiano è una zona ad alto valore storico-paesaggistico e a forte vocazione turistica sia estiva che invernale (80.000 arrivi e 300.000 presenze nel 2016 dai dati dell’unità organizzativa Sistema statistico regionale del Veneto); inoltre, si contano 330 allevamenti ad indirizzo zootecnico, con circa 8.000 bovini, 2.270 ovini, e 165 generalmente allevati sui pascoli limitrofi alle stalle per circa 4 mesi all’anno;
le malghe dell’altopiano costituiscono il più importante sistema d’alpeggio dell’intero arco alpino, con più di 100 malghe e oltre 7.700 ettari di superficie pascoliva. La maggior parte degli alpeggi sono proprietà collettiva e vengono date in concessione agli allevatori a mezzo d’asta pubblica; i proventi dei canoni di affitto vanno a costituire parte non trascurabile dei bilanci comunali, apportando complessivamente un introito fisso di almeno 920.000 euro all’anno;
la tradizione casearia, fortemente radicata nella popolazione locale, ha visto negli ultimi anni lo sviluppo di filiere e prodotti di eccellenza fondati sull’alpeggio e il pascolo in alta quota. In oltre 70 malghe la mungitura viene svolta direttamente in loco, il latte viene trasformato con vendita diretta dei prodotti; inoltre, più di 20 malghe svolgono anche attività agrituristica. Si calcola che l’insieme di queste attività riesca a dare impiego per la stagione estiva a circa 350 persone, che diventano almeno 500 se si conta il personale aggiuntivo a vario titolo necessario per supportare le attività agrituristiche e di trasformazione e vendita diretta;
l’implementazione di sistemi efficaci di prevenzione e protezione per il bestiame in altopiano non è realizzabile in quanto essi sono incompatibili con le caratteristiche degli alpeggi altopianesi; inoltre, il rapporto tra costi e benefici, legato alle difficoltà pratiche e ai costi per la gestione delle mandrie e greggi al pascolo in assenza di sistemi di prevenzione efficaci e compatibili, rischia di rendere la pratica dell’alpeggio economicamente e psicologicamente non sostenibile per gli allevatori,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuna ed urgente la rivalutazione dello stato di conservazione della specie Canis lupus, allo scopo di verificare se essa conservi tuttora i requisiti per essere considerata specie prioritaria e che venga definito e reso operativo nel più breve tempo possibile un piano di gestione del problema, anche coinvolgendo le associazioni di categoria nei processi decisionali e nei tavoli tecnici, a livello sia locale che nazionale affinché si adottino le migliori strategie volte a reperire soluzioni pratiche applicabili e condivise onde evitare un progressivo abbandono delle malghe e dei pascoli di montagna con effetti fortemente negativi sul turismo e sul tessuto socio-economico di un territorio unico nel suo genere.